La stretta interazione tra uomo, pietra e acqua è un elemento chiave per capire l’unicità del Bio-Distretto. In apparenza, l’acqua è assente: le scarse piogge non formano né fiumi né laghi, ma scompaiono nel sottosuolo. Tuttavia queste acque scolpiscono da millenni la roccia corrodendola e lasciando il loro segno in superfice ed in profondità. E’ questo processo carsico che caratterizza tutto il territorio generando un paesaggio unico, sintesi delle forze naturali in opera da circa cento milioni di anni. I suoi segni distintivi si palesano con le rocce affioranti allineate, caratteristiche dei “campi carreggiati”, e con piccole e grandi cavità che legano le profondità’ della terra con la superficie attraverso grotte ed inghiottitoi.
Sono queste misteriose e spesso irraggiungibili cavità che nel tempo hanno stimolato la fantasia umana ad immaginarsi forze sconosciute, maligne e non, come presenze caratteristiche di questi luoghi. Ancora una volta, molti toponimi testimoniano l’origine di queste leggende e miti, come la Grave del Demonio, nome popolare della Grave di Scoparella. Analogamente, il nome del vicino Jazzo del Demonio deriva dalla suggestione dei pastori a cui era apparso il maligno.
<…mi chiederai come ha fatto questa gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe spaventato un popolo di giganti. Questa è la murgia più aspra e più sassosa; per ridurla a coltivazione facendo le terrazze… non ci voleva meno della laboriosità d’un popolo di formiche>. Tommaso Fiore
Il lavoro umano ha assecondato la morfologia ed il clima di questi ambienti. Le lame sono diventate luoghi privilegiati per la coltivazione grazie al loro suolo ricco di materia organica accumulatosi nel tempo a seguito dell’erosione avvenuta sui versanti, anch’essi utilizzati dall’uomo come pascoli.
Il disfacimento della roccia madre, favorito dalle acque, ha generato terreni ricchi di blocchi calcarei che l’uomo ha saputo spesso trasformare da ostacolo in risorsa. Questa onnipresente pietra sfavorevole all’agricoltura è diventata elemento portante di costruzioni ed infrastrutture come i recinti per animali, torri, specchie, trulli e casette rurali, tombe, capanne, muri di confine e di terrazzamento. Questi segni antropici e gli stessi muretti a secco sono diventati elemento caratteristico della reazione e adattabilità umana al suo territorio, della creazione congiunta tra natura e uomo. Essi sono anche portatori di un patrimonio immateriale fatto di storia e di particolari tecniche costruttive. Ogni muretto, ad esempio, è frutto di caratteristiche materiali uniche derivanti dalla tipologia delle pietre usate (a seconda dei tipi di calcare differenti presenti in loco), dalla mano e sapienza specifica del costruttore, e dallo scopo di ogni costruzione che ne determinava struttura e forma. Le stesse pietre utilizzate in questi modi dall’uomo assumono oggi un aspetto “naturale” grazie alla colorazione verde dei licheni e alla costante azione degli agenti atmosferici.
Gli jazzi rappresentano un altro carattere fondamentale del territorio. Ricoveri temporanei per le pecore usati per il viaggio della transumanza durante l’inverno (il loro nome deriva dal verbo latino iaceo giacere), erano delle vere e proprie stazioni ideali per le attività legate alla pastorizia e strategicamente situate vicino al lungo percorso segnato dai tratturi. Questi ricoveri erano generalmente posti in pendenza, per favorire ventilazione e il deflusso di acque e liquami, ed esposti a sud per riparare greggi e pastori dai freddi venti settentrionali.
Più grandi e stabili degli jazzi, le masserie costituivano dei centri autonomi della produzione agricolo-pastorale del territorio. Le più modeste erano composte da due vani ed un recinto per il bestiame, mentre le più grandi e complesse, assimilabili a dei “micro-insediamenti rurali” includevano cantine, forni, cappelle di culto, stalle, fienili e granai.
Come accennato, l’acqua è l’elemento meno visibile ma allo stesso tempo il più rilevante per il sistema territoriale del Bio-Distretto. Un elemento vitale per l’uomo, ma anche fonte di apprensioni e paure sia per la sua frequente scarsità sia per la forza devastatrice dei suoi rari ma potenti eccessi (es. inondazioni). L’uomo ha da sempre cercato di governarne il flusso costruendo grondaie e canali, e costruendo cisterne, spesso di grandi dimensioni, al fine di poter usufruire dell’acqua anche nei periodi di siccità estiva. Ma fu l’Acquedotto Pugliese l’opera umana che determinò il più grande impatto sociale ed economico nelle vita delle comunità locali. Costruita nella prima metà del XX secolo, l’acquedotto anima centri abitati e agri collegando i suoi elementi naturali con ponti, strade bianche, e casette di servizio, diventando anch’esso elemento costituite del paesaggio locale. In tutti gli esempi qui esposti ed in tutte le variazioni del paesaggio si coglie la magica interazione tra uomo, pietra e acqua. Un segno unico ed antico che resta forte anche nel presente.